discorso per fare bene le cose · 3 come concretizzo la soluzione?
Come concretizzo la soluzione?
L’orientamento tra le diverse opzioni disponibili
3 come concretizzo la soluzione?
Accordare le opzioni produttive all’analisi progettuale.
Definite le esigenze — gli obiettivi, le attese, le disponibilità —, fatta la ricognizione dei materiali e predisposte opportunamente le eventuali integrazioni, si fissa lo schema operativo che darà infine corpo all’intervento.
Si tratti di pubblicare un sito, di dare alle stampe un manoscritto, di realizzare materiali promozionali, didattici, espositivi... non ci si troverà avviati banalmente ad una modalità di produzione tipica, ma vi saranno tante opzioni da graduare in funzione delle premesse progettuali. Ad esempio, una specifica combinazione tipologica di stampato — per formato, tiratura, qualità, tempi, destinazione, costi — potrà favorevolmente indirizzare alla scelta di una specifica tipografia, ancor meglio, di una specifica macchina da stampa in quella stessa tipografia. Analogamente, le pubblicazioni virtuali avranno le loro diverse soluzioni di opportunità, in ragione di corrispondenti esigenze qualitative e dimensionali, del supporto e del canale di diffusione. Stabilire a priori una via sarebbe del tutto arbitrario e poco produttivo, così come risulterebbe altrettanto aleatorio pensare che esistano soluzioni tanto elastiche da potersi far efficientemente aderire ad ogni diversa casistica.
Un’unica regola generale si può banalmente indicare e suggerire: dovendo eventualmente gestire limiti di risorse, non sarà mai sensato dosare ponendo in secondo piano la definizione dell’intervento a vantaggio di un suo maggior corpo dimensionale. Risulta, cioè, sempre preferibile la scelta di un’opzione semplice, ridotta ma curata, piuttosto che rinunciare a precisare l’azione a favore di una maggiore articolazione, estensione o propagazione. Benché di ovvio buon senso, tocca qui specificare la cosa, poiché tipicamente molte richieste ricadono in questa seconda fattispecie. Nel primo caso non è affatto meccanico che vi sarà corrispondente riduzione di esiti, e comunque nulla sarà precluso ad eventuali interventi successivi, che di questo primo si potranno invece far forza. Viceversa, operazioni avviate superficialmente, o in malo modo, risulteranno difficilmente integrabili in fase successiva, imponendo in genere distruttivi percorsi a ritroso. Più grave, avranno generato compromissioni, secondo i casi, variamente ardue da recuperare.
Esempi? In ogni ambito! Classico l’affossamento o la dissoluzione di identità aziendali a seguito di operazioni improvvisate di rivisitazione, estensione, riassociazione. Frequentissima la compromissione del valore di un dominio web conseguentemente a strategie avventate sui motori di ricerca, o relative alle politiche di popolamento, aggiornamento e conduzione. Ricorrente il disequilibrio tra funzionalità implementate negli spazi web e risorse server e umane ad esse dedicate. E nei lavori a stampa? Quasi di prassi il caso della scelta impropria della stamperia, con esiti spesso «tragici» nel rapporto costi/qualità. Tipica l’arbitrarietà delle scelte di formato, tipologia e tecnica. Altrettanto canonici, frutto di «fraintendimenti tecnologici», gli sbilanci sui numeri di tiratura, con sproporzioni fra produzione effettiva e oneri di avvio. Basta?
Come detto altrove, il progetto è lo strumento per ricercare la migliore soluzione possibile ad una determinata esigenza, considerate opportune premesse e stabilite talune condizioni. È dunque una composizione simultanea di istanze, benché scandita e regolata. Qui si è tratteggiato uno schema puntuale per ovvie esigenze di descrizione, ma il progetto si definisce attraverso l’interrelazione reciproca di tutte le sue componenti: di analisi, ricognizione, sviluppo, previsione ed organizzazione esecutiva. Vi si aggiungono, divenendone parte estensiva, il controllo e la valutazione degli esiti d’intervento, nonché eventuali attività di affinamento in corso d’opera.
Tutto ciò può essere fatto superficialmente o «in automatico»? Se vogliamo fare un discorso serio, evidentemente la risposta è no! Ma allora a voler far bene le cose tutto diventa molto complicato? Strano a dirsi, anche a questa domanda la risposta è la medesima: no! Ancor più «stranamente», diremo che in genere richiede molto più impegno e perseveranza, specie nel medio/lungo periodo, fare le cose male.
Per chiarire quanto ai punti precedenti, accenneremo di seguito ad alcune tipologie concrete, indicando comuni errori d’approccio e più opportune soluzioni. In ordine sparso e senza pretesa d’esaustività.
la redazione
«prec. discorso per fare bene le cose succ.»