discorso per fare bene le cose · 4.2 esempi
Esempi: pubblicazioni a stampa
Criteri di valutazione, specifico tecnico, tipicità
Piccola realtà istituzionale, sociale, culturale deve pubblicare uno stampato in auto finanziamento, da proporre esternamente ai canali tradizionali della commercializzazione editoriale.
È presto detto: di norma, senza troppe considerazioni, si sceglie all’italiana una tipografia — per consuetudine, vicinanza, apparentamento —, si consegna il manoscritto «finito» aggiustandosi un po’ fra numero di copie e prezzo aggredibile, si scorre proforma qualche bozza senza particolari esigenze di dettaglio, si ritirano al più presto le stampe belle ordinate e profumate d’inchiostro — «Che bello, che bello!» —, si rincorrono acquirenti pubblici e privati fino ad esaurimento... di copie.
Verrebbe da proporre un minuto di raccoglimento!
Per inciso, qui non si terrà in alcun conto la varia tipologia di servizi online di tipografia: non perché non si possano instaurare fattivamente collaborazioni a distanza, o non sia possibile andare affidabilmente in stampa anche a centinaia di chilometri (anzi!), ma poiché, nel caso comune, tali modalità vincolano a schemi talmente generici e preordinati da doversi correlare ad altra categoria d’artefatto.
Tornando al nostro esempio, questo invece è proprio il caso dove, se possibile, le cure e le declinazioni di dettaglio contano e necessitano molto più che in altri contesti. Né ci si può affidare ad automatismi di sorta, né definire a spanne! Stampare libri non costa mai poco, perché non farlo come si deve?
Facciamo un po’ di chiarezza: le tipografie, tradizionalmente casa di illuminati intellettuali e mecenati, di innovatori, di severi maestri tutori dell’arte editoriale, in seguito alla virtualizzazione delle fasi di composizione ed alla lievitazione dei minimi di scala utili, si sono trovate a perdere l’egemonia su parte delle proprie prerogative professionali e a cedere su ruoli e consuetudini. Di necessità hanno dovuto riorientare le priorità del mestiere in senso decisamente produttivo e commerciale. Qualora mantengano un reparto grafico propriamente detto (e non di mera traduzione in stampa), di fatto esso non potrà avere che ruolo subordinato e ancillare: si fattura infine ciò che si stampa! E le macchine da stampa tradizionalmente costano moltissimo, ed anche la loro conduzione; di contro il mercato, zoppicante, preme più sul prezzo che sul modo: dunque, per sopravvivere, specie qui e in questi tempi, in tipografia si guarda innanzitutto al volume degli incarichi, magari talora sorvolando sull’irreprensibilità dell’arte dei volumi, che da comandamento via via si sta trasformando in vezzo. Non sempre e non tutti, naturalmente.
D’altra parte, chi glielo fa fare di essere portabandiera solitari? Anche per molti importati editori, cose un tempo intangibili, come la revisione grafica e redazionale, la correzione di bozze, la traduzione autoriale, ecc., son vetustà cedute ai nuovi imperturbabili «automatismi».
Vien da ridere, perché anche della lettura esistono declinazioni automatizzate virtuali... Noi dunque possiamo andarcene tranquillamente al mare, i libri si fanno e si leggono da soli!
Non va infine scordato che le stesse interfacce tecnologiche per la composizione editoriale hanno introdotto sintesi che, persa l’arte giorno dopo giorno, spesso sono generative di ambiguità e incoerenze.
Chiarito ancora questo, torniamo nuovamente al caso in esame. In questa fattispecie, tipicamente, non solo vi è limitazione di risorse impiegabili, ma la misura ideale d’investimento tende radicalmente a zero. Vi si aggiungono, di solito, riferimenti incompleti per una stima affidabile del numero utile di copie: gli sponsor, le occasioni di diffusione, un prezzo di copertina univoco, ecc. Ogni centesimo va quindi pesato due volte!
Quanto al manoscritto, se va bene corrisponde sommariamente a canoni bibliografici fondamentali. Vale a dire: è equilibratamente ordinato in sezioni, capitoli, paragrafi; esiste una titolazione coerente, gli indici sono indici, i sommari sono sommari, e sono presenti, almeno in sostanza, i riferimenti e le autorizzazioni inderogabili e di necessità. Qualora non sia redatto o curato da professionisti (o comunque da autori abituali), è però assai improbabile ritrovarvi rispetto e coerenza di regole editoriali definite: ad esempio nella composizione di paragrafi e capoversi, nell’uso dei segni di punteggiatura, di spazi, virgolette, apici, numerazioni, segni extralfabetici, ecc. Ciò renderà pressoché ineludibile un processo di revisione tipografica, che tuttavia, fatto o istruito con mestiere, darà esiti certamente apprezzabili e di vantaggio.
Questione potenzialmente più complessa si pone rispetto ai contenuti illustrativi. Il più delle volte ci si dovrà confrontare con materiali estremamente disomogenei: per tipologia, qualità, consistenza, significatività. Valide le considerazioni di base espresse a conclusione della seconda sezione (circa la qualità dei materiali -›), ogni eventuale azione deve in questi casi porsi innanzitutto obiettivi di equilibrio e omogeneità complessiva.
In pratica: si tratterà di valutare sostituzioni o ritocchi, solo laddove strettamente necessario; attraverso opportune scelte compositive, si provvederà poi a massimizzare la coerenza di lettura, eventualmente contestualizzando con nettezza la natura e la giustificazione di distinte qualità iconografiche non diversamente componibili. Non è questo il luogo per dire delle tecniche ma, evidentemente, non un lavoro affidabile a istantanei modelli precostituiti.
Nota aggiuntiva: possedendo originali su cartaceo, o comunque fisici, risulta spesso pratica proficua considerare eventuali scansioni casalinghe come meri segnaposto, preferendo una riacquisizione omogenea di caratura professionale.
Una gran quantità di cose da fare! Avrà infine costi impraticabili? Certamente un lavoro di impegno e di sostanza. Si tenga tuttavia presente che lavori ben pensati si rivelano abitualmente di minor aggravio, anche economico, di quelli ordinati a spanne. Si possono sprecare capitali per stampare poco più che carta straccia!
Anche tralasciando il fatto che competenza e chiarezza di idee conducono spesso ad esiti sorprendenti e che la qualità ha un indubbio valore — anche molto oltre quello in denaro —, vi è una quantità di elementi pratici e di dettaglio che, se opportunamente considerati, possono recare un corrispondente vantaggio tale da ridurre sensibilmente, e a volte annullare, il costo stesso della loro ottimizzazione. Naturalmente rendendo un risultato nemmeno confrontabile con quello delle routinarie soluzioni «presto e bene». Dipende molto da volumi e caratteristiche dei contenuti.
la redazione
«prec. discorso per fare bene le cose succ.»